Che il miele sia un prodotto che ispira una istintiva idea di naturalità e genuinità nei consumatori, tanto che basta citarlo per rievocare praterie fiorite e dolci ronzii, lo ha messo in evidenza il recente sondaggio realizzato da un affermato istituto internazionale per conto de Le città del miele in collaborazione di World Biodiversity Association onlus. Lo stesso sondaggio ha messo in luce due altre cose, che a leggerle con attenzione potrebbero risultare sorprendenti. I consumatori accedono al prodotto miele attraverso due canali che risultano avere lo stesso peso e cioè la grande distribuzione e l’acquisto diretto da un apicoltore. Va però sottolineato che i consumatori esprimono chiaramente la volontà di accedere maggiormente ai prodotti delle api attraverso l’acquisto diretto da un apicoltore, che in molti casi fanno fatica a individuare sul territorio. Altra piccola notazione sensazionale è quella che vede il miele di millefiori il miele più conosciuto dai consumatori e non finisce qui, sembra che la provenienza geografica sia una caratteristica fondamentale nella scelta di un miele. Questo quadro, sintetizzato nei suoi termini più semplici, sembra mettere in luce una situazione ideale per una apicoltura come quella italiana, dove gli apicoltori sono moltissimi e ben distribuiti sul territorio e dove l’unicità dei nostri territori e dei nostri ambienti rende il nostro Bel Paese un susseguirsi di unicità ambientali, artistiche e culturali. Purtroppo, la situazione reale è diversa, o almeno così ce la raccontano gli apicoltori. Le produzioni sono mediamente calate di molto e soprattutto stanno venendo a mancare quei mieli su cui fino ad oggi si era puntato: acacia, agrumi, girasole etc. Alla riduzione delle produzioni il mercato del miele italiano ha reagito non valorizzando il prodotto e adeguando i prezzi alle minori produzioni ed ai costi maggiori, ma importando sempre maggiori quantità di mieli esteri, mieli a basso costo ed anche, senza voler nascondere la testa sotto la sabbia, falsi mieli o mieli comunque non commercializzabili. L’associazionismo dell’apicoltura italiana ha in genere demandato la politica del miele alle grandi aziende che lo commercializzano le cui finalità sono assi diverse da quelle delle tante aziende apistiche che operano in condizioni sempre più difficili. La sbronza da cui ci stiamo risvegliando, dopo anni di grandi produzioni in cui si è puntato a produrre tanto a qualunque costo e in cui si è trasformato il miele in un prodotto standardizzato, noto e riconoscibile sempre, puntando appunto solo sui mieli monoflorali, deve farci trovare pronti alla sfida che, passato il cerchio alla testa, ci attende. È una dolce sfida, perché ci chiama a puntare sui nostri valori e sulle nostre caratteristiche culturali e ambientali per rilanciare il mercato nel miele.
Fontana, P. (2023). Un’aspra e dolce sfida: il rilancio del miele italiano. L'APICOLTORE ITALIANO (3): 35-41. handle: https://hdl.handle.net/10449/79255
Un’aspra e dolce sfida: il rilancio del miele italiano
Fontana, P.
2023-01-01
Abstract
Che il miele sia un prodotto che ispira una istintiva idea di naturalità e genuinità nei consumatori, tanto che basta citarlo per rievocare praterie fiorite e dolci ronzii, lo ha messo in evidenza il recente sondaggio realizzato da un affermato istituto internazionale per conto de Le città del miele in collaborazione di World Biodiversity Association onlus. Lo stesso sondaggio ha messo in luce due altre cose, che a leggerle con attenzione potrebbero risultare sorprendenti. I consumatori accedono al prodotto miele attraverso due canali che risultano avere lo stesso peso e cioè la grande distribuzione e l’acquisto diretto da un apicoltore. Va però sottolineato che i consumatori esprimono chiaramente la volontà di accedere maggiormente ai prodotti delle api attraverso l’acquisto diretto da un apicoltore, che in molti casi fanno fatica a individuare sul territorio. Altra piccola notazione sensazionale è quella che vede il miele di millefiori il miele più conosciuto dai consumatori e non finisce qui, sembra che la provenienza geografica sia una caratteristica fondamentale nella scelta di un miele. Questo quadro, sintetizzato nei suoi termini più semplici, sembra mettere in luce una situazione ideale per una apicoltura come quella italiana, dove gli apicoltori sono moltissimi e ben distribuiti sul territorio e dove l’unicità dei nostri territori e dei nostri ambienti rende il nostro Bel Paese un susseguirsi di unicità ambientali, artistiche e culturali. Purtroppo, la situazione reale è diversa, o almeno così ce la raccontano gli apicoltori. Le produzioni sono mediamente calate di molto e soprattutto stanno venendo a mancare quei mieli su cui fino ad oggi si era puntato: acacia, agrumi, girasole etc. Alla riduzione delle produzioni il mercato del miele italiano ha reagito non valorizzando il prodotto e adeguando i prezzi alle minori produzioni ed ai costi maggiori, ma importando sempre maggiori quantità di mieli esteri, mieli a basso costo ed anche, senza voler nascondere la testa sotto la sabbia, falsi mieli o mieli comunque non commercializzabili. L’associazionismo dell’apicoltura italiana ha in genere demandato la politica del miele alle grandi aziende che lo commercializzano le cui finalità sono assi diverse da quelle delle tante aziende apistiche che operano in condizioni sempre più difficili. La sbronza da cui ci stiamo risvegliando, dopo anni di grandi produzioni in cui si è puntato a produrre tanto a qualunque costo e in cui si è trasformato il miele in un prodotto standardizzato, noto e riconoscibile sempre, puntando appunto solo sui mieli monoflorali, deve farci trovare pronti alla sfida che, passato il cerchio alla testa, ci attende. È una dolce sfida, perché ci chiama a puntare sui nostri valori e sulle nostre caratteristiche culturali e ambientali per rilanciare il mercato nel miele.File | Dimensione | Formato | |
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